Dicevano di lui che fosse un cacciatore, ma nessuno lo aveva mai visto imbracciare un fucile. Dicevano di lui che fosse un poeta, ma nessuno aveva mai udito i suoi versi. Dicevano di lui che fosse un musicista, ma nessuno lo aveva mai visto suonare. L'unica cosa che la gente gli aveva visto fare, era starsene seduto davanti all'ingresso della stazione ferroviaria, fumando i rimasugli di qualche sigaro e bevendo dalla solita fiasca un sorso di raboso. A volte, però, spariva per qualche giorno. Ormai tutti sapevano che sarebbe tornato di lì a poco e nessuno se ne preoccupava; quando lasciava i suoi cartoni in un angolo, nessuno glieli toccava. E quando tornava aveva di nuovo con sé la bottiglia piena e lo spirito stanco. Evitava lo sguardo delle persone, non voleva elemosina. Chiedeva solo un piccolo spazio da cui poter guardare la gente che, frettolosa, passava da una città all'altra. Che cosa ci trovasse, in quello spettacolo tanto prezioso, restò un mistero.
Un giorno, come tante altre volte, se ne partì dal suo angolo.
Ma quella volta non tornò più indietro. Dicono però, adesso che i suoi cartoni sono stati rubati dal vento, bagnati dalla pioggia e sepolti dalla neve, che qualcosa di lui sia comunque rimasto. Se soffia il vento, d'estate quando smuove l'erba rigogliosa o d'inverno quando va ad affilare le lame di ghiaccio, alcuni dicono di sentire un lamento, una lieve voce sussurrare tristi canzoni.