Il comportamento delle persone è dettato, in ultima analisi, dalla ricerca di una qualche forma di piacere (essere amati, desideri sensuali, fama, denaro, potere, etc.) e dal tentativo di evitare dispiaceri (dolore, malattia, vecchiaia, etc.).
Tuttavia le esperienze e le inclinazioni di ciascuno sono differenti e non esiste un'unica priorità, né un'unica via che venga perseguita nella ricerca personale della felicità.
Per questo motivo nascono differenti fazioni: se dia maggior felicità l'essere superiori agli altri (fisicamente, economicamente, per fama, etc.) oppure cercare la felicità assieme agli altri. In questo modo "nascono i nomi".
Nascono correnti religiose, nascono "destra" e "sinistra", nascono pensieri filosofici.
Le differenti opinioni sul metodo generano, in ultima analisi, profondi disaccordi, che possono sfociare nell'integralismo (ad esempio religioso e politico), facendo dimenticare il motivo per cui un metodo era stato inizialmente proposto.
Per questo credo che non sia importante tanto il metodo, quanto piuttosto il risultato.
Personalmente, vedo che la superiorità, l'arroganza, il disprezzo, non portano né pace, né felicità, non solo ai supposti "inferiori" e "vinti", ma neppure ai "superiori" e "vincenti". Se una persona potente ed importante è circondata da persone tristi, invidiose, infelici, insoddisfatte, non sarà egli sempre solo? I piaceri che ottiene con la sua posizione privilegiata, non saranno soltanto una parvenza di felicità, che scompare in un battito di ciglio lasciando solamente ulteriore desiderio?
Chi ha potere, teme di perderlo; chi desidera ottenerlo, proietta se stesso in un ipotetico futuro, senza riuscire a godere del potere parziale che magari ha raggiunto. E' questa la felicità?
La vera felicità è senza nomi.
(Ispirato liberamente ai discorsi di Buddha e di Laozi)
Tuttavia le esperienze e le inclinazioni di ciascuno sono differenti e non esiste un'unica priorità, né un'unica via che venga perseguita nella ricerca personale della felicità.
Per questo motivo nascono differenti fazioni: se dia maggior felicità l'essere superiori agli altri (fisicamente, economicamente, per fama, etc.) oppure cercare la felicità assieme agli altri. In questo modo "nascono i nomi".
Nascono correnti religiose, nascono "destra" e "sinistra", nascono pensieri filosofici.
Le differenti opinioni sul metodo generano, in ultima analisi, profondi disaccordi, che possono sfociare nell'integralismo (ad esempio religioso e politico), facendo dimenticare il motivo per cui un metodo era stato inizialmente proposto.
Per questo credo che non sia importante tanto il metodo, quanto piuttosto il risultato.
Personalmente, vedo che la superiorità, l'arroganza, il disprezzo, non portano né pace, né felicità, non solo ai supposti "inferiori" e "vinti", ma neppure ai "superiori" e "vincenti". Se una persona potente ed importante è circondata da persone tristi, invidiose, infelici, insoddisfatte, non sarà egli sempre solo? I piaceri che ottiene con la sua posizione privilegiata, non saranno soltanto una parvenza di felicità, che scompare in un battito di ciglio lasciando solamente ulteriore desiderio?
Chi ha potere, teme di perderlo; chi desidera ottenerlo, proietta se stesso in un ipotetico futuro, senza riuscire a godere del potere parziale che magari ha raggiunto. E' questa la felicità?
La vera felicità è senza nomi.
(Ispirato liberamente ai discorsi di Buddha e di Laozi)